Al Sig. Ministro del Lavoro e delle politiche sociali – Dep. Luigi Di Maio
e, p.c.:
Al Sig. Capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza – Pref. Franco Gabrielli
Oggetto: rischio prescrizione contributi previdenziali non versati dalle pubbliche amministrazioni ed altre impellenti e specifiche problematiche a carattere previdenziale che riguardano il personale della Polizia di Stato e, più in generale, quello del Comparto sicurezza e difesa.
– Richiesta di incontro urgente.
Signor Ministro,
come noto con alcune recenti circolari Inps, segnatamente la n. 94 del 31 maggio e la n. 169 del 15 novembre 2017, che l’ha sostituita, sono state adottate disposizioni innovative – si legge nell’oggetto – «ad esito degli ulteriori approfondimenti sviluppati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in ordine ai profili normativi ed operativi che afferiscono all’istituto» della «Prescrizione dei contributi pensionistici dovuti alle gestioni pubbliche».
Il contenuto delle circolari ha destato legittimo allarme tra poliziotti e militari, per i quali non sempre è puntualmente riscontrabile il recupero della contribuzione dovuta ai fini previdenziali all’Istituto: sarebbe assolutamente opportuno sollecitare un intervento che chiarisca come «la portata innovativa dell’orientamento fornito … a far data dal 1° gennaio 2019» non inciderà affatto sui trattamenti pensionistici, ma solo sui sistemi informatici in uso presso l’Amministrazione.
Ma a questa problematica tecnica e comunicativa se ne aggiungono altre, che avrebbero potuto essere affrontate nel recente decreto legislativo 95/2017, dove il Governo era tra l’altro delegato ad emanare disposizioni per la «revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera … assicurando il mantenimento della sostanziale equi-ordinazione del personale delle Forze di polizia e dei connessi trattamenti economici».
Per ciò che attiene la competenza diretta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ci corre l’obbligo di segnalare alla sua attenzione che quell’intervento non sono state affatto affrontate alcune importanti problematiche, sia in materia di stato giuridico che di sostanziale equi-ordinazione, né quelle legate all’aggiornamento triennale dei coefficienti di trasformazione in corrispondenza con gli adeguamenti alla speranza di vita determinatesi a seguito dell’entrata in vigore della riforma Fornero.
Nel corso di una recentissima riunione tra Dipartimento della pubblica sicurezza ed organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale della Polizia di Stato, incentrata sulle disposizioni correttive al predetto d.lgs. che il Governo dovrebbe sottoporre all’esame delle Camere entro il 7 luglio prossimo, si è inoltre appreso che amministrazioni e comandi generali interessati avrebbero raggiunto un accordo su un testo che ancora una volta non affronterebbe le problematiche cui si è fatto cenno.
Ciò è per noi del tutto inaccettabile perché, se non verranno affrontate immediatamente le tematiche che di seguito brevemente elencheremo, centinaia di migliaia di poliziotti, ma anche penitenziari, carabinieri, finanzieri e militari in genere rischieranno di ricevere una pensione inadeguata, a dispetto della contribuzione versata e del fatto che l’uscita anticipata rispetto alle altre categorie di lavoratori non è legata alla scelta del dipendente, ma alle esigenze del datore di lavoro, che è lo Stato.
Il sistema in vigore lega, infatti, agli scatti dell’adeguamento della speranza di vita – come noto il prossimo, se prima non ci saranno interventi, ci sarà il 1° gennaio 2019 – il coefficiente di trasformazione legato all’età anagrafica in cui avviene il collocamento in quiescenza: quelli tra noi che sono entrati in servizio dopo la prima metà degli anni ‘80 rischiano di essere collocati in quiescenza con coefficienti bassissimi e siamo l’unica categoria di lavoratori che ancora non ha la previdenza complementare!
Oltre che su quest’ultima colpevole omissione, perpetratasi ancora una volta nonostante le nostre vibrate proteste con l’ultimo contratto, è a nostro avviso necessario anche intervenire, sia sui nostri specifici coefficienti di trasformazione – che non possono non tener conto dei limiti ordinamentali imposti da esigenze che non sono dei lavoratori, sia sul restituire – solo a coloro i quali lo desiderano – la possibilità di proseguire per un biennio l’attività lavorativa con la reitroduzione del “richiamo in servizio” volontario.
Ma c’è un altro aspetto che andava assolutamente affrontato e riguarda la condizione giuridica degli “allievi”, cioè coloro i quali accedono dall’esterno ai ruoli degli agenti e degli ispettori della Polizia di Stato: per sei mesi i primi e per ben diciotto i secondi – in futuro addirittura due anni – questi colleghi, diversamente da quanto accade per l’accesso dall’esterno ad altri ruoli, non percepiscono uno stipendio, bensì una inadeguata “paga” oltretutto non sottoposta a contribuzione previdenziale.
Se noi poliziotti, nel corso di un controllo amministrativo ad un esercizio commerciale o ricettivo, trovassimo lavoratori – o anche “apprendisti” – cui viene riservato questo tipo di trattamento da parte dei datori di lavoro, procederemmo subito a denunciarlo: possono mai le amministrazioni ed i comandi – cui è deputato far rispettare le regole a tutti gli altri – essere i primi a non farle rispettare, omettendo di far appostare le necessarie risorse per la soluzione di questa annosa questione?
E spiace dover riscontrare come, anche sotto questo aspetto, i comandi militari si comportino nei confronti del personale che amministrano decisamente meglio di altre: a parità della durata del corso la condizione di allievo per i marescialli dell’Arma dei carabinieri viene mantenuta per soli sei mesi, dopodiché viene erogato il trattamento economico del carabiniere semplice, che è anch’esso inadeguato, ma quasi doppio – nel lordo – rispetto alla “paga” e soggetto a contribuzione.
Di più: un volontario in ferma prefissata delle Forze armate che prima di vincere il concorso per accedere ai ruoli dell’Arma percepiva l’assegno per nucleo familiare, giustamente continua a percepirlo anche nel semestre in cui è inquadrato come allievo mentre, se lo stesso volontario in ferma prefissata delle Forze armate vince il concorso per l’accesso ad alcuni – non tutti – i ruoli della Polizia di Stato, si vede negato l’assegno per sei o diciotto mesi: in futuro per addirittura due anni.
Appare evidente da questi brevi cenni come la tematica sia ampia e variegata, per cui riteniamo opportuno proporLe, in vista del tempestivo avvio di un serrato confronto – da sviluppare anche in sede tecnica – di approfondirne tutti gli aspetti in ogni specifica sfaccettatura anche con riferimento alle implicazioni in tema di finanza pubblica, siamo a chiederLe un incontro nel corso del quale affrontare e possibilmente condividere quale debba essere la cornice in cui il confronto potrà svilupparsi.
In attesa di un cortese cenno di riscontro inviamo i nostri più cordiali saluti.
Roma, 30 giugno 2018
Il Segretario generale FSP Il Segretario generale ES Il Segretario generale LS
Valter Mazzetti Vincenzo Chianese Pietro Taccogna